Vincitore del Premio Settembrini di Mestre – dedicato a raccolte di novelle e racconti – nel novembre 1966.

Pubblicato da Mondadori nel gennaio 1965, il volume de I racconti ripropone quasi tutta la produzione narrativa precedente di Rea; una specie di summa del Rea novelliere, così come Il re e il lustrascarpe, nel 1960, aveva riproposto gli elzeviri giornalistici. La nuova raccolta offre l’occasione ai critici di riproporre un discorso su Rea; un discorso positivo dal quale, nonostante i tredici anni trascorsi da Spaccanapoli, cioè dal 1947, lo scrittore ne esce con una nuova consacrazione, certamente più meditata e più sperimentata.

Entusiasta è ad esempio Salvatore Quasimodo, che parla de I racconti come dei più «incorrotti», segnalandone il carattere d’avanguardia nel senso dell’utilizzo di una forma linguistica «destinata a pochi discepoli»: «niente commedie dell’arte, niente Pulcinella, niente romanzo al rosolio, se mai un richiamo al Verga, al Boccaccio, alla Deledda. Un punto di riferimento europeo per la nostra Nazione, che non sia dialettale». E ancora: «Intelligenza dunque, surrealismo e realtà, vita e non-vita» («Uomini e Libri», giugno 1966).

Contiene:
Spaccanapoli, Gesù fate luce, Quel che vide Cummeo, Le due Napoli (saggio) e La signora scende a Pompei. Con l’aggiunta di quattro racconti inediti: Pirera I e II (1955), Stella Bianca (1956), La botola (1959), A domenica (1959).