Dedica:
«Ai miei genitori»

Pubblicato nel 1947, Spaccanapoli è il libro d’esordio di Domenico Rea che  cominciò a scrivere molto giovane, in quella particolare atmosfera che si era venuta a creare a Napoli durante l’occupazione militare alleata. Accolto con favore dalla critica, ma confuso da alcuni con le varie operazioni neorealistiche di quegli anni, Spaccanapoli rivela già per intero le doti di uno scrittore incatalogabile, che descrive un mondo ‑ quello della plebe ‑ in una lingua sonante, ellittica, nervosa. La novità di questi racconti, che Emilio Cecchi definì «al lampo di magnesio», risiedeva nella compresenza e alternanza di alto e basso, di dialettale e letterario, di quel dialetto «avviluppato e attaccato alle cose».  Come scrive Silvio Perrella nell’Introduzione, il titolo di Spaccanapoli fece la fortuna storica del libro anche se la città non è mai in primo piano: «L’intenzione di Rea era proprio quella di spaccare, di fare esplodere l’immagine tradizionale della città, considerata come la porta d’ingresso del Meridione».

 

 

Contiene:
La “Segnorina”, Pam! Pam!, Tuppino, L’Americano, L’interregno, I capricci della febbre, Mazza e panelle, La figlia di Casimiro Clarus