Arricchito da belle illustrazioni a colori di Paolo Ricci, Il re e il lustrascarpe, uscito come strenna a dicembre 1960, a un anno da Una vampata di rossore, raccoglie una selezione di articoli e saggi composti nei quindici anni precedenti, raggruppati in due parti: Cronache napoletane e Uno sguardo in provincia. Molti dei pezzi, preceduti da brani tratti da un quaderno di note di Rea, sono dedicati ad amici, per lo più napoletani.

La successione è cronologica e «pone in rilievo − come lo stesso Rea annota in apertura − il tenue filo del progresso che talvolta Napoli mostra con evidenza e tal’altra ritorna a nascondere nelle infinite pieghe della sua contraddittoria esistenza». Nelle Cronache Rea osserva, passeggia per Napoli. Complessivamente c’è il segno di una coscienza che si arricchisce e nota con amarezza: «Mi è sembrato di scorgere che ciascuno cercasse di rubare qualche cosa alla città invece di darle qualche cosa perchè divenisse la funzionale patria comune».

E affronta qualche tema che poi riprenderà anche in seguito, mostrando che, come saggista, si conserverà integro nel corso degli anni: Croce, Mastriani romanziere («l’unico scrittore che a suo modo sia disceso negli abissi analfabeti e superstiziosi del suo popolo»), Salvatore Di Giacomo, Gilda Mignonette, Boccaccio.